Storia

Le origini di Tramutola non sono molto antiche e si ricollegano alla penetrazione nella zona dei monaci benedettini, anche se alcune teorie sostengono che un gruppo di rigettati dalla nascente civiltà Paternese (provenienti dall’antica Civitas) cercò protezione nella gola in cui è situato attualmente il paese. Nel 1144 un monaco della Badia di Cava, Giovanni di Marsico cappellano dell’abate Falcone, che non aveva dimenticato le sue terre d’origine, attirò la simpatia di alcuni ricchi signori che donarono alla Badia di Cava la chiesa di San Pietro con annesso dormitorio e con tutti i suoi beni. La donazione fu poi perfezionata, come prevedeva l’usanza dei tempi, dal consenso del vescovo di Marsico Giovanni II.

Questi edifici, forse fondati dai basiliani avevano raggiunto una certa importanza, perché stazione di sosta sulla strada – o sarebbe meglio dire un tratture – che da Atena Lucana, attraverso Brienza, conduceva a Marsico. Per rinunciare ai suoi diritti, la diocesi marsicana ottenne una libbra di cera, una d’incenso ed un maiale all’anno.

La fama di santità che accompagnava i Benedettini cavensi e l’opera di bonifica compiuta in una terra contrassegnata da zone paludose – il nome Tramutola deriva da “terra motola”, cioè ricca d’acqua – contribuirono ad allargare il nucleo abitato. La cura dei monaci favorì la coltura del gelso e l’allevamento del baco da seta che, con il lino e la canapa e una certa produzione tessile, furono per secoli i pilastri dell’economia locale. La dipendenza dall’abbazia di Cava consentì alla comunità tramutolese una certa protezione dalle prepotenze che altri paesi subivano da parte dei feudatari “laici”.

L’abate di Cava, che fu insignito del titolo di Barone di Tramutola, esercitava il suo governo mediante un vicario per gli affari ecclesiastici, ed un “bajulo” per tutti gli aspetti fiscali e finanziari. I capi delle famiglie potevano far sentire la loro voce attraverso un parlamento che radunava due volte all’anno.

Affioramenti naturali di petrolio
La presenza del petrolio nel comune era già nota nel passato, almeno dal periodo attorno la metà del secolo XIX, in quanto il geografo Amati ne segnala lo sfruttamento tramite di miniere di asfalto nel comune, confermando quanto riportato negli “Annali del regno delle due Sicilie” che cita l’esposizione di campioni di asfalto di Marsico e Tramutola alla “pubblica esposizione di arti e manifattura del 1853”

I suoi affioramenti naturali di petrolio erano così descritti dal geologo Camillo Crema nel 1902:

«… e consiste in una piccola sorgente di acqua mista a petrolio. Il petrolio viene emesso in piccola quantità, ma in modo continuo sotto forma di viscide filacciche che vengono trascinate dalla corrente impeciando le sponde del ruscello e sprigionando un acuto odore caratteristico. La sorgente emette anche talvolta delle bollicine gassose»

(Camillo Crema, Il petrolio nel territorio di Tramutola, Bollettino Societa’ Geologica Italiana, 1902)
Successivamente, dopo un periodo di ricerche ed una perforazione eseguite all’inizio del secolo ‘900, l’Agip sfruttava nell’area il Campo petrolifero di Tramutola, con la perforazione di 47 pozzi dei quali 26 produttivi nel periodo 1936-1943. Il campo venne ufficialmente chiuso nel 1959, dopo la perforazione di un pozzo esplorativo profondo, Tramutola 45, nel 1958-1959.

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